Tecnologie ‘user friendly’:
l’aumento dell’utenza comporta necessariamente
una diminuzione della competenza?
Un’altra riflessione possibile sulle implicazioni della banda larga è quella relativa alla diffusione di massa delle nuove tecnologie di rete, che implica per forza di cose una semplificazione nelle procedure d’uso e di accesso alle tecnologie stesse.
Se non si dispone di una tecnologia sufficientemente facile, comoda e sicura, vengono a cadere i motivi per preferire ad esempio il pagamento on-line di un bollettino rispetto alla tradizionale fila all’ufficio postale. E non a caso, verso un costante incremento di ‘usabilità’ delle interfacce si sta muovendo tutta la moderna scienza dell’informazione, ivi compresi la telematica e i servizi di rete.
Ma proprio questa tendenza comporta anche, forse inevitabilmente, un rischio rilevante di ‘perdita del controllo’ da parte dell’utente finale. Infatti, mentre da un lato si cerca di avvicinare la tecnologia alle competenze del pubblico, è in corso anche un processo parallelo di livellamento verso il basso delle competenze degli utenti avanzati. Un chiaro esempio, in questo senso, è rappresentato dai moderni sistemi operativi per personal computer: la possibilità di controllo sui meccanismi profondi del sistema operativo sfugge ormai completamente all’utente finale, anche avanzato, mentre le interfacce grafiche sono studiate in modo da indurlo a utilizzare solo pochi comandi noti, rendendo sempre più complesso e difficile l’accesso a reconditi e ‘pericolosi’ pannelli di configurazione.
Obiettivo di queste considerazioni non è quello di rivendicare la funzione dei ‘guru’, pochi utenti esperti in grado di comprendere (e magari indirizzare) i meccanismi dei processi tecnologici, ma di sottolineare il rischio che venga del tutto a mancare la capacità di una visione d’insieme, sufficientemente articolata e competente, su tecnologie che entrano in maniera così pervasiva nella vita dei singoli e della collettività. Il pericolo di perdita di controllo da parte dell’utente finale ha infatti un suo corrispondente ‘di macrolivello’: l’aumento enorme della complessità e del numero delle conoscenze collegate alle nuove tecnologie di rete impedisce, anche a gruppi tecnicamente preparatissimi, di padroneggiare in maniera sufficientemente approfondita una porzione significativa dell’orizzonte tecnologico al quale si fa riferimento.
Certo, nel mondo dell’alta tecnologia si deve per forza di cose partire da una parcellizzazione dei saperi. E questo dato di fatto non è interpretabile solo in modo negativo (come condizione per lo sviluppo di una oligarchia capace di controllare le tecnologie e di applicare una politica del divide et impera conoscitivo), ma rappresenta in molti casi un’occasione di pluralismo e democraticità, proponendo modelli collaborativi di ricerca e di divisione del lavoro. A questo proposito si potrebbe citare il noto e splendido esempio di lavoro collaborativo che ha portato alla nascita e allo sviluppo, nelle sue diverse forme, del sistema operativo Linux.
Ma frutti così ammirevoli del lavoro collaborativo attraverso le nuove tecnologie partono sempre da una profonda conoscenza degli strumenti (teorici e pratici) utilizzati. Se è vero che per raggiungere un buon risultato nel mondo di frontiera delle tecnologie di rete è ormai comunque necessario unire le forze e le competenze di più persone o gruppi di persone, è anche vero che non si può prescindere da un percorso articolato di formazione e autoformazione individuale e collettiva. Mettere a disposizione della collettività gli strumenti per poter svolgere questo cammino formativo appare – proprio alla luce delle problematiche fin qui dibattute – quasi un obbligo morale: un obbligo che riguarda ciascuno di noi, ma riguarda anche la società nel suo insieme e le sue istituzioni politiche e culturali.